La juta dei Femminielli a Montevergine

Durante questo anno di “incubazione” di Pedala Diritto abbiamo viaggiato sulla rotta di alcune feste tradizionali italiane, scoprendo che spesso queste hanno un forte ascendente sul livello locale di rispetto dei diritti umani.

Una delle esperienze più intense e suggestive è stata la Juta a Montevergine, la festa in cui si ringrazia Mamma Schiavona, protettrice dei Femminielli (connotando con questo termine la comunità Lgbti+).

La festa, che si celebra ogni anno il giorno della candelora, è un tripudio di suoni e colori, di paganesimo e cristianesimo, in cui la comunità locale, unita dalla devozione, celebra la Madonna nera di Montevergine.

Non si tratta solo di folclore o tradizione, non è solo storia e attualità, è la testimonianza concreta di come la cultura napoletana abbia da sempre incluso nel proprio sostrato sociale la molteplicità sessuale e si dimostri all’avanguardia sul tema Lgbti+.

Ecco alcuni dei nostri ricordi.

Juta, in napoletano, significa “andata”.

E sì, ci siamo proprio andate a Montevergine.

Me lo ricordo bene.

Ricordo che siamo scese in auto per non essere vincolate agli orari; ricordo che la “Priskell” (ho dato questo nome alla mia macchina) in autostrada si è messa a fare un rumorino stile Titanic che si squarcia sull’iceberg; ricordo che faceva freddissimo pure per me che preferisco l’inverno; ricordo la neve, le nuvole basse, la salita con la funicolare come verso il Paradiso.

Soprattutto ricordo la Madonna nera, detta anche Mamma Schiavona; ricordo la devozione dei fedeli; ricordo le tammurriate, le giulianesi, la musica dappertutto, anche in chiesa; ricordo i meravigliosi canti intonati per Lei; ricordo i visi commossi e le voci rotte; ricordo la scalinata e il chiostro pieni di neve e le persone che salivano cantando preghiere e tenendosi saldamente a braccetto.

Ricordo un’atmosfera magica, di un altro mondo, forse era davvero il Paradiso; ricordo che il mio cellulare ha smesso di funzionare e anche la videocamera è impazzita; ricordo l’energia potente di quel luogo.

Ricordo degli uomini vestiti da donna, in maniera eccentrica e vistosa, con pellicce leopardate e foulard sgargianti. E i tacchi…sulla neve! Ricordo tante belle persone gioiose e commosse.

Ricordo che ci hanno offerto della frittata di pasta sul sagrato del santuario e ci hanno raccontato una storia.

Dicevano che storicamente a Montevergine sorgeva un tempio dedicato alla dea Cibele, la Grande Madre Idea, creatrice e distruttrice allo stesso tempo, protettrice della natura, degli animali e dei luoghi selvatici. Le era stato dedicato un tempio proprio a Montevergine perché quello era un luogo selvaggio e remoto, dove si ritiravano gli eremiti ad osservarne il culto e a renderle omaggio. Nell’estasi della preghiera, gli eremiti arrivavano persino ad evirarsi e ad offrire in dono alla dea il loro organo riproduttivo.

In seguito il tempio di Cibele fu trasformato in un santuario e la leggenda cristiana racconta che la Madonna di Montevergine salvò una coppia di ragazzi legati al ghiaccio in montagna in quanto gay e condannati dalla popolazione a morte certa per ipotermia. La Madonna fece passare tra le nuvole un raggio di sole che sciolse il ghiaccio e liberò i ragazzi, dando così la Sua benedizione a quella unione che gli uomini avevano giudicato sbagliata.

Da qui nasce il culto moderno di Mamma Schiavona, Madonna dei Femminielli, protettrice di tutta la comunità LGBTI+, che accoglie tutti i suoi devoti, di qualsiasi orientamento sessuale, di qualsiasi età, etnia, statura, diversità che ognuno di noi crede di avere rispetto agli altri. Per Mamma Schiavona siamo tutti uguali, tutti suoi figli, siamo andati tutti lassù per pregare, cantare, ballare, stare insieme.

La Candelora a Montevergine è una festa inclusiva, dove la temperatura esterna sottozero è ampiamente compensata dal calore umano.

Ecco perché ci piace raccontare di questo tempio di integrazione e di parità.

Grazie Mamma Schiavona!

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